La sveglia è suonata presto, prestissimo. Ma l’adrenalina di un nuovo viaggio, uno di quelli che ti portano in posti sognati da tempo, mi ha fatto saltare giù dal letto senza pensarci troppo.
Arrivata a Dublino di prima mattina, mi ha accolta quella pioggerella sottile e insistente che avevo sempre immaginato parlando d’Irlanda. Eppure, non lo sapevo ancora, sarebbe stato l’unico giorno di pioggia di tutto il viaggio. Un piccolo cliché da togliersi subito.
Ho preso il Dublin Express dall’aeroporto fino al centro, e sono andata diretta all’ostello per lasciare i bagagli. E da lì… è iniziata la mia piccola avventura solitaria.
Con la mia fidata macchina fotografica, ho deciso di esplorare la città da sola mentre aspettavo l’arrivo del gruppo. Dublino si gira benissimo a piedi: è tutta in piano, compatta, e piena di angoli interessanti da scoprire.
Ho attraversato l’iconico Ha’Penny Bridge, il ponte pedonale in ferro bianco che collega le due anime della città sul fiume Liffey.
Poi ho incontrato la celebre Molly Malone, la statua della venditrice di pesce più famosa d’Irlanda (ovviamente ho fatto la "toccatina" porta fortuna, come vuole la tradizione!).
Mi sono persa tra le atmosfere vittoriane della Sweny’s Pharmacy, sì, proprio quella citata da James Joyce, e ho fatto tappa davanti alla casa natale di Oscar Wilde, dove il parco di Merrion Square ospita una sua statua sdraiata ironica e riflessiva, circondata da citazioni incise nella pietra.
Ho continuato il mio tour toccando luoghi carichi di storia come il Government Buildings, il piccolo e antico Huguenot Cemetery, e la maestosa Leinster House, oggi sede del Parlamento. Mi sono goduta la pace del parco di St. Stephen’s Green, e ho sbirciato fuori dalla Marsh’s Library, che avrei voluto visitare, ma temevo di non avere abbastanza tempo.
E poi, come non restare colpita dalla maestosità gotica della St. Patrick’s Cathedral? Da fuori è davvero imponente, circondata dal curato e rilassante St Patrick’s Park. (Spoiler: nel pomeriggio ci tornerò!).
Ultime tappe prima del pranzo: St Audoen’s Catholic Church, la Christ Church Cathedral, il Dublin Castle con i suoi cortili, e l’elegante City Hall. Per concludere, sono risalita verso O’Connell Street per vedere The Spire, l’altissimo monumento d’acciaio che si staglia nel cielo di Dublino, e due luoghi toccanti legati alla storia del Paese: il General Post Office e il Famine Memorial, che commemora la Grande Carestia irlandese. Non lontano, anche la Jeanie Johnston, replica della nave che portava gli emigranti verso l’America.
Lo ammetto, ero un po’ in ansia a girare da sola in una città nuova, e con l’inglese che non è proprio il mio punto di forza (chi mi conosce lo sa!). Ma ce l’ho fatta, mi sono divertita, e mi sono sentita libera.
Verso l’ora di pranzo ho raggiunto i primi del gruppo WeRoad. Ci siamo trovati subito in sintonia e siamo andati a mangiare in un pub tradizionale del centro.
Primo hamburger del viaggio: enorme, succoso, gustosissimo. Con la musica dal vivo in sottofondo, mi sembrava già di essere dentro un film.
Nel pomeriggio abbiamo camminato ancora per la città (io un po’ sorniona… “Ah sì, qui ci sono già stata stamattina!” 😂). Siamo tornati alla St. Patrick’s Cathedral e abbiamo deciso di entrare. L’interno, purtroppo, ci ha un po’ delusi, molto più suggestiva da fuori!
Poi sono arrivati altri del gruppo e abbiamo fatto la nostra prima pinta di Guinness in un pub accogliente. Non ero sicura che mi sarebbe piaciuta… e invece mi ha conquistata.
Tra brindisi, chiacchiere e primi racconti di viaggio, abbiamo iniziato a conoscerci davvero.
La sera è arrivato il resto del gruppo e siamo usciti a cena tutti insieme. Quella è stata la vera partenza del viaggio di gruppo. Dopo cena, ci siamo immersi nei pub di Dublino, tra musica irlandese suonata dal vivo, nuove risate e tante Guinness.
Quando finalmente siamo rientrati all’ostello, avevo sulle spalle quasi 23 ore di veglia. Eppure ero felice, energica e già con gli occhi pieni di cose da ricordare.
Secondo giorno, sveglia presto e adrenalina a mille: oggi si parte davvero, si entra nel cuore del nostro on the road irlandese!
Dopo colazione, ci siamo diretti subito al noleggio auto. Piccolo (ma epico) dettaglio: in Irlanda si guida a sinistra!
Il tempo di salire in macchina, cercare di sincronizzare la mente e… dopo nemmeno dieci minuti avevamo già perso uno specchietto ("nell'unico senso possibile" cit.)
L’atmosfera, però, era già piena di risate, anche queste sono esperienze da raccontare!
Una volta ripartiti, l’Irlanda ha iniziato a mostrare il suo volto più autentico: colline verdi a perdita d’occhio, pecore ovunque (che ormai considereremo parte del gruppo), e mucche dai musi curiosi.
La prima tappa è stata Glendalough, nella contea di Wicklow: un antico sito monastico immerso nella valle glaciale tra i monti. È un luogo magico, avvolto da una pace profonda.
Abbiamo fatto una passeggiata tranquilla dal sito archeologico fino ai due laghi (Upper e Lower Lake), tra rovine, croci celtiche e sentieri che sembravano usciti da una fiaba. L’atmosfera era di quelle che ti fanno rallentare il passo e allungare il respiro.
Dopo la camminata ci siamo rimessi in marcia, con una sosta volante per pranzo: panino al volo lungo la strada, senza fronzoli. Anche questo fa parte del viaggio!
La seconda tappa è stata Kilkenny, una piccola città medievale che ci ha accolto con un cielo azzurro e un fascino irresistibile.
Abbiamo passeggiato lungo il fiume Nore, con vista sul magnifico Kilkenny Castle, imponente e ben conservato.
Il centro storico è un intreccio di vie acciottolate, pub tradizionali e negozietti colorati.
Abbiamo visto anche la St. Canice's Cathedral, con la sua alta torre rotonda che si staglia contro il cielo (le torri rotonde torneranno spesso in questo viaggio!).
Purtroppo, causa ritardo iniziale e tempi stretti, abbiamo dovuto saltare la terza tappa prevista: la Rock of Cashel, uno dei simboli d’Irlanda.
Un po’ dispiaciuti, ma sapevamo che con un on the road serve anche saper lasciare qualcosa indietro.
Purtroppo non siamo riusciti a recuperarla nei giorni successivi, ma… sarà una scusa perfetta per tornare!
Siamo arrivati a Cork nel tardo pomeriggio, un po’ stanchi ma ancora curiosi.
Dopo un giro veloce nel centro, che si snoda tra ponti, negozietti vintage e pub affacciati sul fiume Lee, abbiamo cenato in città (ancora cucina da pub, e ancora buonissima).
Poi dritti a letto: la sveglia presto e le tante emozioni si sono fatte sentire tutte insieme.
La sveglia suona presto anche oggi, ma l’entusiasmo è alto. Dopo una colazione tipica irlandese, si parte per un'altra giornata ricca di tappe!
Lungo la strada, ecco la prima sorpresa del giorno: Belvelly Castle "De Barrà", un piccolo castello immerso nel paesaggio rurale, dal fascino un po’ misterioso. Ci siamo fermati per qualche foto e per respirare quell’aria da medioevo sospeso nel tempo. Amo questi imprevisti che diventano parte dell’itinerario.
Arrivati a Cobh, il mio cuore ha fatto un salto: le casette colorate che avevo sognato e visto in mille foto erano lì, davanti a me.
Ovviamente sono corsa a cercare lo spot fotografico perfetto.
Cobh è una cittadina piena di storia e bellezza: è stata l’ultimo porto del Titanic, e ovunque ci sono riferimenti al transatlantico.
Abbiamo visitato la splendida St. Colman's Cathedral, che domina il paesaggio con la sua imponente facciata gotica. Poi passeggiata tra le stradine e le case color pastello… un vero sogno.
La tappa successiva è stata Kinsale, un’altra cittadina vivace e coloratissima, perfetta per una pausa colazione e due passi tra negozi, pub e angolini pittoreschi.
Ma la vera sorpresa sono state le Cliffs Old Head of Kinsale: meno famose delle Cliffs of Moher, ma spettacolari nella loro semplicità. Affacciate sul mare, ventose, circondate dal verde: ci sembrava di essere ai confini del mondo. E, come sempre, non mancavano le pecore!
Tornando in marcia, ci siamo fermati per qualche foto con le mucche, che ormai erano parte integrante del viaggio.
Poi siamo arrivati al Timoleague Friary, un’abbazia in rovina affacciata sull’acqua, trasformata in cimitero. Un luogo stranamente sereno, suggestivo e fuori dal tempo.
Abbiamo proseguito verso una tappa un po’ bizzarra: The Kilbrittain Whale, ovvero lo scheletro di una balena esposto all’aperto. Onestamente? Niente di eccezionale, ma si sa, ogni viaggio ha le sue tappe “meh” (e sono quelle che poi ci fanno ridere di più!).
Dopo un panino veloce, ci siamo diretti a uno dei luoghi più emozionanti: Mizen Head, il punto più a sud-ovest dell’isola.
Qui si cammina su un ponte sospeso con vista sull’oceano, si esplora il vecchio faro e un museo un po’ kitsch (i manichini erano decisamente inquietanti), ma soprattutto ci si lascia travolgere dalla potenza del paesaggio.
Il vento, le onde che si infrangono con forza sugli scogli, il silenzio interrotto solo dalla natura: è stato uno dei momenti più intensi del viaggio.
Nel pomeriggio abbiamo proseguito attraversando il Killarney National Park, con i suoi paesaggi da cartolina: colline morbide, laghi scintillanti, pecore e mucche a punteggiare il verde. Ci siamo fermati più volte per scattare foto: non si poteva non farlo, ogni angolo era poesia.
Siamo arrivati a Killarney (o "Cill Arnie", come dicono lì), dove avremmo dormito due notti.
Cena insieme, poi serata in pieno stile irlandese: pub, musica, danze, Guinness e risate.
È stato un modo perfetto per concludere una giornata lunghissima, intensa e piena di emozioni.
Chi l’avrebbe mai detto che in Irlanda mi sarei svegliata presto per vedere l’alba…?
E invece eccomi lì, con un cookie tra le mani e la fotocamera pronta, mentre il resto del gruppo ancora dorme. È il mio piccolo momento di pace, in silenzio, sotto un cielo che si tinge lentamente d’arancio. Un risveglio dolcissimo, che mi ricorderò a lungo.
La giornata vera e propria inizia con una tappa a Kenmare, cittadina accogliente e tranquilla. Facciamo colazione, compriamo qualcosa per il pranzo (oggi sarà in stile picnic!) e ripartiamo subito, guidati dalla voglia di mare e natura.
Arrivati a Derrynane Beach, siamo rimasti a bocca aperta.
Una spiaggia vastissima, con sabbia chiara che contrasta con il verde acceso dei prati che la circondano.
Camminiamo a lungo sulla battigia, tra scogli pieni di cozze incollate come piccole gemme nere, fino a raggiungere un cimitero affacciato sul mare. Sì, l’ennesimo cimitero del viaggio (diventerà quasi una running gag), ma anche questo ha il suo fascino: croci celtiche, pietre antiche e silenzio assoluto.
Da lì, ci arrampichiamo su una roccia per avere una vista sulla spiaggia vicina. Il panorama dall’alto è da cartolina ma... attenti alle zecche!
La seconda spiaggia della giornata è Ballinskelligs Beach, meno selvaggia ma altrettanto bella.
Qui ci rilassiamo, mangiamo i nostri panini al sole, scattiamo qualche foto e ci godiamo l’insolita sensazione di “estate irlandese”, con il vento tra i capelli e l’oceano davanti.
Dopo pranzo, tappa imperdibile: le Kerry Cliffs.
Che dire… un tripudio di colori e potenza naturale. Il mare sotto di noi era di mille sfumature di blu, le onde si infrangevano con violenza contro gli scogli, mentre il sole e il vento rendevano tutto ancora più epico.
Abbiamo camminato lungo i sentieri che costeggiano le scogliere, in silenzio, quasi sopraffatti dalla bellezza. Questi sono i luoghi che ti fanno sentire piccolo… e incredibilmente vivo.
Dopo le Kerry Cliffs siamo passati per Portmagee, un paesino di pescatori con casette colorate e poi siamo arrivati a Valentia Island, collegata alla terraferma da un ponte. L’isola è selvaggia, di un colore dorato, con panorami che si aprono improvvisamente tra una curva e l’altra.
Ultima tappa del giorno: Ballycarbery Castle, un castello in rovina circondato da prati infiniti. Purtroppo è chiuso al pubblico, ma anche solo ammirarlo da fuori è stato suggestivo. Le mura antiche coperte da piante e la solitudine del paesaggio lo rendevano quasi un castello delle fiabe… decadute.
Dopo una giornata così intensa, siamo tornati agli appartamenti per una spesa strategica e una cena tutti insieme.
Tra risate, birra, un piccolo festino improvvisato e qualche imprevisto, la serata è volata. Era uno di quei momenti dove senti che il gruppo si sta cementando davvero.
Un’altra alba, un altro cookie e un altro piccolo rituale tutto mio.
Svegliarmi presto è diventata una routine bellissima: solo io, la luce dorata del mattino e un biscotto che sa di casa. Ma oggi non è un giorno qualunque: oggi si va a vedere le Cliffs of Moher, la tappa che aspettavo di più.
Arrivati al porto, ci accoglie un piccolo contrattempo: abbiamo perso la nostra barca! In attesa di quella successiva ci prendiamo del tempo per pranzare e rilassarci, mentre l’adrenalina sale.
Finalmente si parte.
Il giro in barca è stato incredibile. Davanti a noi si stagliano le maestose Cliffs of Moher, alte, scure, imponenti. Scolpite dal vento e dall’oceano, sembrano vive, come se custodissero segreti antichi.
Il sole splende e il mare è calmo. Un momento quasi surreale, soprattutto per me che sono ossessionata da Harry Potter: vedere il punto dove hanno girato una scena del sesto film (sì, quella della caverna!) è stato un sogno che si avvera.
Non ho trattenuto le lacrime: ho pianto per l’emozione, e non me ne vergogno. Era troppo bello per restare indifferenti.
La barca ci porta poi a Inisheer, la più piccola delle Aran Islands.
Ci troviamo in una cartolina estiva: cielo azzurro, mare limpido, prati verdi.
Noleggiamo le biciclette e via, alla scoperta dell’isola: il relitto del Plassey, arrugginito ma suggestivo, il faro bianco, solitario e romantico, le rovine del castello, avvolte da un silenzio quasi magico.
Pedalare con il vento tra i capelli e il profumo di salsedine nell’aria è stata una delle esperienze più leggere e felici del viaggio.
Rientrati dalla gita, torniamo verso le Cliffs of Moher, stavolta per vederle dall’alto.
E wow… se dal mare erano imponenti, da sopra fanno semplicemente paura. Ti affacci e sotto di te solo oceano e roccia a picco per oltre 200 metri.
Il sentiero panoramico regala viste da togliere il fiato, specialmente con la luce dorata del tardo pomeriggio.
Unica pecca? Il parcheggio esageratamente caro (ma ne vale la pena comunque!).
Con gli occhi ancora pieni di meraviglia, ci rimettiamo in viaggio verso Galway, la città che ci ospiterà per la notte.
Una cena movimentata, quattro chiacchiere… e poi a letto. Stanchi, felici e pieni di gratitudine.
Il sole non ci abbandona più e anche oggi l’Irlanda ci regala una giornata che sembra uscita da un sogno estivo.
Dopo colazione, iniziamo la giornata passeggiando per le vie di Galway, una città giovane, viva e piena di colori.
Ci perdiamo tra i negozietti, visitiamo la Cattedrale di Galway, imponente e bellissima con la sua architettura mista in stile gotico e rinascimentale, e poi il college, il fiume Corrib e le vie del centro.
C’è qualcosa di rilassante nell’atmosfera di questa città, forse solo il fatto che qui il tempo sembra rallentare.
Facciamo provviste per il pranzo e partiamo, attraversando il Connemara National Park.
I paesaggi diventano subito più selvaggi e incontaminati: montagne rotonde, distese di erica e torba, laghi solitari e pecore ovunque (ovviamente!).
Ogni curva è una nuova cartolina da ammirare.
La nostra meta è Mannin Bay, una baia che ci accoglie con acqua cristallina e spiaggia dorata, un paesaggio quasi caraibico, ma in Irlanda!
Ci spostiamo poco più avanti su un’altra spiaggia vicina, dove abbiamo deciso di fare kayak con Real Adventures Connemara.
È stato divertentissimo e così caldo che abbiamo fatto il bagno nell’Oceano Atlantico.
L’acqua? Fredda! Ma l’emozione di nuotare in un mare così limpido, con quella luce meravigliosa, è stata impagabile.
Dopo esserci asciugati al sole, riprendiamo il viaggio verso una delle mete più iconiche dell’Irlanda dell’ovest: la Kylemore Abbey.
Costruita sulle rive di un lago e circondata da colline verdi, è un luogo da favola.
Anche solo vederla da fuori, riflessa nell’acqua, vale il viaggio. Peccato non aver avuto tempo per visitare anche i famosi giardini vittoriani, ma la luce del tramonto rendeva tutto così magico che ci siamo accontentati di ammirarla da fuori.
La giornata si conclude con il trasferimento a Ballina, dove ci concediamo una serata tranquilla in un pub locale.
Risate, brindisi, racconti… e una sensazione di piena gratitudine per tutto ciò che stiamo vivendo.
Un’altra giornata on the road ci aspetta! Dopo una colazione veloce siamo di nuovo in macchina, pronti per nuove avventure.
La prima tappa è Muckross Head dove ci affacciamo su scogliere imponenti, con rocce scure e scolpite dal vento in forme strane e affascinanti. Ancora una volta, il rumore del mare, il vento tra i capelli e l’infinito verde irlandese ci ricordano quanto sia potente e primitiva questa terra.
Ripartiamo e raggiungiamo Sliabh Liag, le scogliere più alte d’Europa.
Facciamo una camminata panoramica circondati da pecore e agnellini curiosi, attraversiamo prati verdi e un piccolo lago, e arriviamo finalmente al punto panoramico.
La vista da lassù è sbalorditiva: le scogliere si stagliano imponenti contro il mare agitato e l’aria profuma di libertà.
Dopo un pranzo veloce (ormai i panini sono diventati un must), ci dirigiamo a Eas a' Ranca Waterfall. Le cascate si trovano immerse in un contesto selvaggio, circondate da vegetazione fitta.
Il suono dell’acqua che scende ci accompagna mentre esploriamo il posto: è uno di quei luoghi che non si trovano sulle guide, ma che ti restano nel cuore.
Attraversiamo il confine e entriamo nel Regno Unito, direzione Londonderry (anche conosciuta semplicemente come Derry).
La città ha un passato difficile e complesso, legato al conflitto nordirlandese (The Troubles). Passeggiamo tra le mura antiche e i murales di Bogside, che raccontano episodi intensi della storia contemporanea.
C’è qualcosa di potente nell’aria qui, un mix di memoria e resilienza. Nonostante il passato doloroso, la città oggi trasmette voglia di rinascita e apertura al futuro.
Come se la giornata non fosse stata già abbastanza piena, ci dirigiamo verso Malin Head, la punta più a nord dell’isola d’Irlanda.
Quando arriviamo, il cielo inizia a tingersi d’oro. Ci sparpagliamo un po’, ognuno cerca il proprio angolo perfetto. Poi ci ritroviamo seduti in silenzio, con il vento sul viso, il suono delle onde sotto di noi e il sole che si spegne piano all’orizzonte.
È uno di quei momenti in cui capisci che sei nel posto giusto al momento giusto, e che non dimenticherai mai quella luce, quel silenzio, quella pace.
Dopo aver fatto il pieno di bellezza, ci rimettiamo in marcia. È tardi e trovare un posto dove mangiare sembra impossibile… ma un piccolo ristorante isolato ci salva!
Anche se stavano chiudendo, ci accolgono con gentilezza e ci rifocilliamo con un’ultima cena calda, grati per questa lunga giornata.
Poi direzione hotel: esausti ma felici.
Colazione veloce, zaino in spalla e via! Il viaggio volge quasi al termine ma la giornata che ci aspetta è una delle più cariche di aspettative, piena di tappe da sogno.
La prima tappa è Giant’s Causeway, e per me è uno di quei luoghi che aspettavo da una vita. Da quando l’ho visto nel libro di inglese alle elementari, ho sempre desiderato camminare su quelle colonne di basalto esagonali, create dalla lava milioni di anni fa.
Appena arrivata, mi sono emozionata tantissimo. Le colonne sembrano scolpite da una mano divina o, come vuole la leggenda, da un gigante. Ci si può arrampicare, sedere, saltare da una all’altra. Il mare, le rocce scure e la brezza creano un’atmosfera unica.
Consiglio: Arrivate presto, prima delle 10, per evitare le folle di turisti e godervi la magia in tranquillità.
Proseguiamo verso Dunluce Castle, una perla romantica e un po’ malinconica. Le rovine si affacciano direttamente sull’oceano, con onde che si infrangono sulle scogliere sottostanti.
Passeggiare tra le mura antiche con il rumore del mare in sottofondo è un’esperienza che riempie gli occhi e l’anima.
Tappa successiva: Carrick-A-Rede, il famoso ponte di corda sospeso sull’oceano.
Il biglietto non è economico per un’attraversata che dura pochi minuti, ma l’esperienza vale assolutamente la pena: il ponte collega la terraferma a una piccola isola dove un tempo i pescatori andavano per calare le reti.
L’adrenalina sale mentre lo si attraversa, sospesi sopra l’oceano in burrasca. Io non potevo perdermelo!
Ci dirigiamo poi verso The Dark Hedges, il famoso viale alberato reso celebre da Game of Thrones.
Purtroppo, questa è stata la tappa meno entusiasmante del giorno: pieno di turisti, gli alberi poco fitti e la magia della serie si sente poco. A meno che non siate super fan, potete anche saltarla.
Per consolarci ci immergiamo in una tipica esperienza locale: visita e degustazione alla Hinch Distillery.
Ci spiegano le differenze tra whiskey irlandese e whisky scozzese (la differenza sta nella tripla distillazione e nell’ortografia, tra le altre cose!).
Io non amo molto il whiskey, ma è stata un’esperienza autentica, interessante e da fare almeno una volta.
Ultima tappa del giorno: Belfast, la capitale dell’Irlanda del Nord. Lasciamo i bagagli in hotel e usciamo subito a goderci l’atmosfera.
Beviamo una birra nel pub più antico di Belfast, tra arredi d’epoca e storie sussurrate nei corridoi in legno. Poi cena, risate, e serata tra pub e locali tipici, dove la musica dal vivo è ovunque e la gente sorride con gli occhi (e con la Guinness in mano!).
Il viaggio volge al termine e oggi è stato un giorno di transizione, di nostalgia ma anche di emozioni forti. Abbiamo lasciato Belfast di buon’ora e ci siamo rimessi in viaggio verso Dublino, per vivere le ultime ore irlandesi tutti insieme.
La nostra prima tappa è stata il celebre Trinity College, uno dei luoghi più iconici della capitale. Entrare nel campus è come fare un tuffo nel passato, tra edifici eleganti e giardini curatissimi.
La Trinity Library, e in particolare la Long Room, era uno dei miei sogni. Purtroppo, quasi tutti i libri erano stati rimossi per restauro, e gli scaffali erano spogli. La guida ci ha detto che è un evento rarissimo, ma che si sta facendo per proteggere e conservare meglio i volumi.
Anche così, l’atmosfera era magica, con quel profumo di legno e storia che riempiva l’aria.
Dopo aver lasciato i bagagli in hotel, ci siamo divisi: alcuni hanno riconsegnato le auto, mentre io e altri siamo andati a esplorare Dublino in direzione della Guinness Storehouse.
Ci siamo ritrovati tutti lì per la visita a questa enorme fabbrica-museo, dedicata alla birra più famosa d’Irlanda. Devo ammettere che me l’aspettavo diversa, più rustica e tradizionale, invece è molto moderna, quasi interattiva, costruita su più piani con un percorso che ti accompagna tra storia, produzione, pubblicità e cultura.
Alla fine della visita, ci siamo goduti una Guinness fresca al Gravity Bar, l’ultimo piano della struttura, con una vista panoramica incredibile su tutta Dublino. Un momento da incorniciare!
Rientrati in hotel per un cambio veloce, ci siamo poi diretti in un pub tipico per l’ultima cena di gruppo.
Lì ci aspettava una serata speciale: due musicisti suonavano musica tradizionale irlandese, e ovviamente noi abbiamo cantato, ballato e riso fino a farci venire il mal di pancia.
La nostra canzone preferita, ormai diventata un inno, era “Rattlin’ Bog” (anche "Take me home"): la sapevamo tutti a memoria (più o meno) e l’abbiamo urlata con tutta l’energia rimasta.
Dopo cena, non poteva mancare un ultimo giro tra i pub di Temple Bar, il cuore pulsante della movida dublinese.
Le strade erano vive, piene di luci, musica e allegria. Ma sotto sotto si sentiva già la malinconia: era tempo dei primi saluti, perché alcuni avrebbero lasciato l’Irlanda già all’alba.
Ci siamo abbracciati forte, con gli occhi lucidi, promettendoci di rivederci. È strano come in pochi giorni si possa creare un legame così intenso… ma forse è proprio questo il potere dei viaggi condivisi.
L’ultimo giorno è arrivato, più lento, più dolce, più consapevole.
La sveglia è suonata un po’ più tardi del solito, il corpo stanco, la mente piena e il cuore sospeso.
Io e un amico del gruppo siamo usciti per un ultimo giro tra le strade di Dublino, quelle che in pochi giorni erano diventate familiari. Abbiamo preso un po’ di tempo per salutare la città, comprare qualche souvenir, rubare ancora un po’ di atmosfera irlandese prima di lasciarla andare.
Poi ci siamo riuniti agli ultimi rimasti per fare colazione tutti insieme, con la solita energia mista a malinconia. Recuperati i bagagli, ci siamo diretti in aeroporto. E lì, l’Irlanda ci ha regalato il suo saluto perfetto: un cielo grigio, nuvoloso, come a dire "potete andare, il sole ve l’ho già dato".
Abbiamo condiviso l’ultimo pranzo, gli ultimi sorrisi, le ultime battute di gruppo, e poi… i saluti veri. Gli abbracci lunghi, quelli con gli occhi lucidi, quelli che sembrano dire “è stato bellissimo” senza bisogno di parole.
Tornare in Italia è stato dolce e amaro insieme. Ho lasciato un pezzo di cuore tra le scogliere, le pecore, i pub, i cieli azzurri e le strade di questa terra verde.
L’Irlanda ci ha regalato giorni perfetti, con sole, caldo, panorami incredibili e una connessione profonda con la natura. Ma soprattutto, ci ha dato un gruppo di sconosciuti diventati amici, risate che fanno male alla pancia, emozioni vere.
Non era solo un viaggio. Era qualcosa di più.
Dieci giorni. Sembra poco, ma a volte basta una manciata di giorni intensi per vivere un’esperienza che ti resta dentro per sempre.
Questo viaggio in Irlanda è stato un’avventura, una scoperta, una sorpresa continua. È stato un’ondata di verde, di vento tra i capelli, di strade strette, di pecore che diventano mascotte, di cieli limpidi e tramonti che tolgono il fiato. È stato ballare in un pub, emozionarsi davanti a una scogliera, sentirsi piccoli davanti alla natura, ma immensamente vivi.
Ho riso tantissimo. Ho anche pianto un po’. Ho fatto nuove amicizie, ho ascoltato storie, ho scritto un pezzo nuovo del mio cammino.
Grazie a chi ha condiviso con me questo viaggio.
Alle anime belle che ho incontrato lungo la strada, a chi ha saputo ridere, ascoltare, ballare e perdersi con me tra scogliere e sogni.
Grazie a chi ha fatto il DJ in macchina, creando la colonna sonora perfetta per ogni tappa.
A chi ha guidato a sinistra senza (troppa) paura, permettendoci di andare lontano.
A chi ha tradotto per me quando l’inglese si faceva complicato.
A chi ha ballato con me nei pub, con un sorriso e una birra in mano.
A chi c’era, davvero.
E grazie a me.
Per aver scelto di partire, di vivere tutto questo con il cuore aperto.
Per non essermi tirata indietro, per aver detto sì.
Questo viaggio è stato anche (e soprattutto) per me.
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